
Home staging: la depersonalizzazione
Pochi giorni fa mi è stata posta questa domanda: ci sono tecniche vincenti per preparare un immobile alla vendita?
Nell’home staging più che di formule magiche, si parla di depersonalizzazione. Personalmente mi ha sempre fatto uno strano effetto questo termine: suona più come una malattia, piuttosto che un un elemento di successo. Scherzi a parte, vediamo insieme in cosa consiste.
Cosa si intende per depersonalizzazione?
Con questa parola si indica un insieme di fondamentali accorgimenti per rendere un immobile in vendita (o in affitto) attraente per il maggior numero di persone e non solo per una particolare nicchia.
In primis coinvolge il tema del colore: tinte neutre, ad esempio, possono soddisfare il gusto di tutti, piuttosto che colori troppo particolari o vivaci. Ovviamente questi non sono da mettere al bando, ma vanno saggiamente dosati. Questo vale per pareti, arredi e complementi: un copriletto maculato distrae e disturba sicuramente più di uno bianco.
Altro aspetto importante è quello della riduzione: togliere tutto il superfluo aiuta il possibile acquirente a comprendere meglio lo spazio, a muoversi in esso ed immaginare lì la propria vita. Liberare la casa dagli arredi non necessari o dagli oggetti troppo personali permette di evitare ostacoli e distrazioni. Per questo si consiglia di riporre, ad esempio, foto di famiglia, vecchie riviste, oggetti inutilizzati e piccoli soprammobili.
I vincoli della depersonalizzazione
La depersonalizzazione non è un valore assoluto, ma risponde a delle condizioni. Infatti ogni casa ha un target specifico di riferimento: ad esempio i possibili acquirenti di un piccolo monolocale non saranno gli stessi di un trilocale signorile. L’home staging può aiutare entrambi gli immobili, ma gli interventi terranno conto dei diversi target: l’home stager studierà gli arredi, i complementi, i colori, i tessuti più idonei.
La depersonalizzazione inoltre è vincolata anche allo stato dell’immobile: l’intervento su una casa abitata sarà, infatti, differente da quello su una casa disabitata; l’intervento su una casa arredata (o semi-arredata) sarà differente da quello su una casa completamente vuota.
Conclusioni
In sintesi la depersonalizzazione comprende tutte quelle strategie messe in campo per limitare un’immagine troppo personale ed incontrare, invece, il gusto di una folta schiera di persone. I possibili acquirenti saranno con maggiore probabilità ben disposti fin dalla visione delle foto dell’immobile sui portali web.
Un simile processo infine può aiutare anche immobili in affitto e strutture microricettive come bed&breakfats ed airbnb.
Avete domande? Dubbi? Non abbiate timore e scriveteli nei commenti qui sotto.
Fonte dell’immagine: coco lapine design


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